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DE NUNZIO FRANCESCO

IL CAPITANO GARIBALDINO FRANCESCO DE NUNZIO

Nato a Reino. Valoroso capitano dei "Cacciatori Irpini", legione garibaldina organizzata nel Sannio da Giuseppe De Marco nell'agosto del 1860. Il De Nunzio già rappresentante del Comitato rivoluzionario della sua città, partecipò fra l'altro, al conflitto di Pettorano presso Isernia (17 ottobre 1860) dove agì l'imprudenza ardimentosa del colonnello Francesco Nullo (1826-1863). Dopo un disperato combattimento con la gendarmeria borbonica e migliaia di reazionari, decimata la sua compagnia, il De Nunzio venne fatto prigioniero. Condotto prima nelle carceri di Isernia dove una turba di furibondi tentò di dar fuoco allo edifizio, fu poi inviato a Gaeta e rinchiuso con alcuni suoi, scampati all'eccidio, nei sotterranei del Castello. Fra le acute sofferenze della fame e la privazione di aria e di luce, attese sino al 12 novembre di quell'anno, la sua liberazione che avvenne in seguito ad uno scambio di prigionieri. Ritornato dopo la campagna meridionale in Reino, scrisse con obbiettiva serenità gli avvenimenti ai quali aveva partecipato, non tralasciando di narrare torbidi episodi che funestarono il nostro Mezzogiorno nel faticoso consolidarsi dell'unità nazionale. Il suo manoscritto vide in parte la luce nel 1915, anno della sua morte.

Bibl. - F. DE NUNZIO, Nella Rivoluzione del 1860 in Riv. Stor. del Sannio, 1915 e 1916; G. PETELLA, La Legione del Matese cit., pp. 160 e segg. e passim; A. ZAZO, Il Sannio nella Rivoluzione del 1860 cit., pp. 31, 80 e passim; Id., Il Sannio e l'Irpinia nella Rivoluzione unitaria in Arch. Stor. Prov. Napoletane, N.S. vol. XL - cfr. Gazzetta di Benevento, 24 marzo 1873.

da "DIZIONARIO BIO-BIBLIOGRAFICO DEL SANNIO" di Alfredo Zazo, Ed. F. Fiorentino, Napoli, 1973

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL CAPITANO GARIBALDINO FRANCESCO DE NUNZIO

da "BRIGANTI O PARTIGIANI?" di Nicolino Calzone, Edizioni Realtà Sannita - Benevento, 2001

Il capitano Francesco De Nunzio apparteneva ad una delle famiglie più in vista di Reino: un suo avo, don Gaspare, era stato notaio sulla piazza di Reino dal 1750 al 1792. Di lui va pure ricordata qualche pagina di storia. Infatti egli aveva annotato, tra le sue carte notarili, fatti accaduti, come la carestia del 1763/64, che colpi la nostra zona, riducendo la popolazione di Reino di due terzi. Quelle pagine sono veramente impressionanti e commoventi ...... egli dice che la gente non aveva nulla da mangiare ed era costretta a rosicchiare pelli di animali, cuoi di scarpe e a mangiare topi ed altra roba ripugnante e cadeva, per inedia, lungo le strade, senza più rialzarsi; i cadaveri restavano lì per giorni e giorni, emanando un fetore pestilenziale. ...... il capitano De Nunzio era cognato del maggiore Giuseppe De Marco di Paupisi, avendo sposata la sorella di lui, ed insieme a lui aveva partecipato col battaglione "I Cacciatori Irpini", alla liberazione di Benevento e di molti paesi dell'Avellinese e del Beneventano. Tra i paesi insorti e liberati troviamo Paduli, Apice, Dentecane, Torre delle Nocelle, Montemiletto, Pietradefusi, Grottarninarda, Ariano, Mirabella, e nell'altro versante della Valle Telesina: Torrecuso, Frasso Telesino, S. Agata dei Goti, Maddaloni. La storia è narrata dallo stesso De Nunzio in manoscritti, che trovansi presso l'archivio Storico di Benevento. Negli avvenimenti di Dentecane, Torre le Nocelle, Montemiletto, Frasso Telesino etc. lo troviamo tra i protagonisti della repressione, ma non come uomo sanguinario, bensì come uno che seppe adoperare l'arma della ragione e della persuasione. Basterà leggere, infatti, quanto avvenne a Torre delle Nocelle il 9 settembre 1860, per rendersi conto di quanto detto. Egli avrebbe potuto incendiare la casa di Ardolino (capo reazionario del luogo) e non lo fece; avrebbe potuto uccidere e non uccise. Eloquente, poi, il suo comportamento a Frasso, dove nell'arrestare l'arciprete dimostrò tanto buon senso e qualità di militare e di uomo. Ciò dico non per tessergli una lode o per spirito campanilistico, ma soltanto perché non riesco a capire ed a giustificare la efferata ferocia usata dai briganti nei confronti del fratello Nicola, sindaco di Reino, il quale verrà ucciso e mutilato in data 21 luglio 1861. .......L'arresto del maresciallo Flores, comandante della divisione borbonica operante nella zona di Ariano, fu merito anche del capitano De Nunzio, il quale insieme al cognato magg. De Marco ed ai tenenti Zarrella (di Cautano) e Vincenzo Torre (di Benevento), portò a termine l'azione, senza spargimento di sangue. Il maresciallo Flores, travestito da capitano delle Guardie Nazionali, viaggiava in carrozza con la moglie, diretto a Napoli. sulla strada di Ariano. La sua cattura fu uno degli avvenimenti più importanti della storia dell'occupazione del Regno di Napoli da parte degli eserciti garibaldino e piemontese, in quanto comportò la capitolazione di tutta la colonna borbonica che operava nella zona, colonna che si componeva di ingenti forze: 4.000 fanti, un battaglione di cavalleria (di stanza a Foggia), una legione di 750 gendarmi (a Bonito). La capitolazione fu accettata dal gen. Carbonelli, che si prodigò in gentilezze sia al maresciallo Flores che alla sua consorte, mentre si procedeva al disarmo della divisione. A questo punto una domanda ci viene spontanea: non ci fu tradimento da parte del maresciallo Flores? Tutto fa supporre che sia stato così, perché la sua cattura non avrebbe dovuto comportare la capitolazione di una così forte forza militare! Io ritengo che "morto un Papa, se ne fa un altro". Egli (forse) volle salvare la sua vita con qualche lusinghevole ricompensa (si parlò di 6.000 ducati); e poi per salvare l'onore si presentò al comando borbonico di Capua. E questa è un'altra prova d'infedeltà e di tradimento al Re Francesco II, che deluso ed amareggiato, facendo ancora affidamento sulla fedeltà dei suoi soldati, cercò di preparare la grande battaglia finale sul Volturno, dove concentrò tutte le forze superstiti di Avellino, di Nola, di Nocera, di Caserta, e dove, pur coprendosi di gloria, subì la fatale sconfitta ad opera di tradimenti (come ricordato prima, il D'ogemon fece suonare la ritirata tra lo stupore dei suoi soldati). ....... ritornando al capitano De Nunzio, voglio riportare un aneddoto riguardante il suo incontro col generale Garibaldi, avvenuto a Maddaloni il 4/10/1860, allorquando gli presentò le armi al suono dell'inno nazionale "stracciato dalle 4 trombe della sua Compagnia". Il generale, compiaciuto, gli si avvicinò e, sorridendo, gli disse: "Capitano, resto contento ed ammirato della sua fanfara". Un altro episodio, riguardante anche il cap. De Nunzio, avvenne in quello stesso periodo nei pressi di Maddaloni, quando il suo battaglione era passato alle dipendenze della Divisione Avezzana, che operava nella zona di Caserta, sul Monte S. Michele, a protezione di Caiazzo. Il fatto accadde l'11 ottobre 1860, pochi giorni dopo la promozione del maggiore De Marco a tenente colonnello. Quel giorno la compagnia del capitano De Nunzio era di vigilanza sul monte S. Michele; e un suo subalterno, il sergente Botta di Paduli, mentre stava perlustrando la zona, notò un folto spinato con una stradina di accesso ad una grossa pietra; incuriosito, con forza cercò di spostarla e notò una porta. Chiamò allora il suo capitano, che subito accorse insieme al tenente colonnello De Marco e al maggiore Bacillati, i quali la fecero aprire e, sospettando trattarsi di un camminamento sotterraneo, scesero nella grotta profonda una ventina di gradini. Ma quale fu la loro grande meraviglia? Davanti ai loro occhi videro uno spettacolo di dovizie di ogni ben di Dio! C'erano botti di vino, gallette, prosciutti, salami di vario genere, ottimi formaggi (comprese forme grandissime di parmigiano), zucchero, caffè, rhum, anice e bottazzi di cartucce. Fu una grande festa: vennero trinciati prosciutti, salumi, formaggi, che insieme a gallette, vino e liquori furono distribuiti alle camicie rosse ..........

 

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